I 10 diritti del teatrante

L’idea di scrivere i 10 diritti del teatrante ci è venuta pensando ai “10 diritti del lettore” dello scrittore Daniel Pennac. A partire dal suo modello sono stati inventati “i 10 diritti” delle cose più diverse. Noi facciamo teatro (in tournée con i nostri spettacoli e sul territorio con i nostri laboratori teatrali per bambini, ragazzi e adulti), quindi abbiamo pensato a come declinare questo decalogo nella nostra professione.

Ce ne sarebbero almeno altri 30, e su ciascuno potrebbero esserci diversi punti di vista, perché quello del teatrante è un mestiere particolare: ci sono molti modi di svolgerlo, ciascuno con le sue particolarità. Comunque sia, ecco i nostri 10 diritti del teatrante.

1. IL DIRITTO DI NON FARE TEATRO
  • Ma è necessario avere sempre uno spettacolo nuovo tutti gli anni? NO.

Il mercato è già abbastanza saturo di spettacoli. Spettacoli mediocri, spettacoli bellissimi, spettacoli meravigliosi, spettacoli di cui nessuno sentiva la mancanza. L’offerta di spettacoli supera ampiamente la domanda e ci sono spettacoli validissimi che non hanno il riconoscimento che meritano né un numero di repliche consono al valore di ciò che portano in scena.

Forse bisognerebbe creare un nuovo spettacolo solo quando si ha qualcosa di nuovo da dire. Se non abbiamo nulla di nuovo da dire preferiamo tacere, sparire dai radar e non presentarci a festival/rassegne per un po’.

  • È sempre possibile comportarsi così? NO.Ci sono situazioni in cui la produzione costante di nuovi spettacoli è necessaria, per tanti motivi. Per ora, noi siamo felici di poter salvaguardare questo diritto per noi importantissimo, anche a costo di rimanere più piccoli.

 

 

SIAMO TEATRANTI,
NON PANETTERIE INDUSTRIALI
CHE SFORNANO BISCOTTI H24.

 

 

2. IL DIRITTO DI FARE ERRORI

Tra i vari diritti del teatrante, questo è uno dei più importanti in assoluto e allo stesso tempo uno dei più temuti

  • Ma ogni spettacolo che faccio dev’essere un successo, piacere al pubblico, ai critici, agli addetti ai lavori? NO.

Partiamo dal presupposto che non esiste uno spettacolo capace di piacere universalmente a tutti. Se pensiamo alla nostra esperienza, su uno stesso spettacolo ci siamo sentiti dire tutto e il contrario di tutto: che era meraviglioso e che era insulso, che gli attori erano acerbi e che erano bravissimi. Le critiche vanno messe in conto sempre, e di volta in volta capire a chi dare retta e a chi no.

 

  • Ma se faccio uno spettacolo “sbagliato” vengo bocciato per sempre? FORSE.

C’è stato un tempo in cui abbiamo pensato che il nostro percorso nel teatro professionale fosse finito per sempre, a causa di un paio di spettacoli andati male. Parliamo di diversi anni fa, nel frattempo stiamo ancora facendo questo lavoro quindi forse siamo stati un po’ troppo drastici; in effetti, dopo quelle esperienze negative sono arrivate soddisfazioni anche molto grandi.

Quindi qual è la nostra conclusione? Sicuramente gli errori si pagano, e si pagano particolarmente cari se sei giovane e non hai alle spalle una carriera trentennale. Perché in questo settore la reputazione ha parecchia importanza e influenza il modo in cui i tuoi spettacoli vengono visti, percepiti, valutati, apprezzati. Ma si può sbagliare, si deve sbagliare.

È sbagliando, facendo errori, facendo cavolate, che si impara.

Nessuno nasce imparato. O perlomeno, noi non lo siamo nati.
Abbiamo fatto vagonate di cavolate, e ancora ne facciamo.

 

3. IL DIRITTO DI NON FINIRE UNO SPETTACOLO (doppio diritto)

Se parliamo di diritti del teatrante, quello di “non finire uno spettacolo” si può intendere sia come creatori che come fruitori

  • Ma se inizio a lavorare su uno spettacolo devo per forza portarlo a conclusione? NO.

Si può iniziare a lavorare su uno spettacolo e interromperlo a metà perché ci rendiamo conto che non è più quello che vogliamo fare, perché l’idea non funziona e non funzionerà. Si può magari riprenderlo a distanza di mesi o anni e portarlo a compimento con una diversa consapevolezza, si può piantarlo a metà e non finirlo mai.
In teoria.
In pratica, durante la produzione di OGNI spettacoli arriva sempre un momento in cui detesti tutto e tutti, ne hai abbastanza di imprevisti di tutti i tipi e vuoi mandare al diavolo l’intero progetto.

 

  • Come faccio a capire quando bisogna resistere e andare avanti e quando è effettivamente il momento di gettare la spugna e abbandonare l’idea? BOH. SE LO SCOPRI FACCI SAPERE.

 

  • Ma se vado a teatro devo restare fino alla fine anche se lo spettacolo non mi sta piacendo?  MUMBLE.

C’è chi va a teatro e se ne va a metà se lo spettacolo non gli piace, proprio per dire chiaramente “Non mi piace quello che sto vedendo, ciao”. C’è chi rimane fino alla fine per poter dire con cognizione di causa che lo spettacolo non gli è piaciuto. Noi siamo per questa seconda opzione.

A maggior ragione nell’epoca dei social, dove possiamo continuamente scrollare se il post/video che stiamo vedendo non ci coinvolge dopo 3 secondi, pensiamo sia importante continuare a coltivare il tempo dilatato e non pretendere, anche a teatro, di poter sentenziare “Non mi piace”, dopo 5 minuti.
Proprio perché siamo professionisti dello spettacolo sappiamo che dietro ad ogni spettacolo, anche se non ci è piaciuto, c’è tanto lavoro e impegno. Quindi rimaniamo fino alla fine, come forma di rispetto verso l’impegno.

Poi se non ci è piaciuto passiamo tutta la serata di malumore lamentandoci come bambini dell’asilo.

 

SE È VERO CHE PER TROVARE UN PRINCIPE
SERVE BACIARE UN SACCO DI ROSPI,
FIGURATI PER TROVARE UNO SPETTACOLO BELLO
QUANTI NE DEVI VEDERE.

 

4. IL DIRITTO DI RIVOLUZIONARE UNO SPETTACOLO
  • Ma una volta che il mio spettacolo ha debuttato non posso più cambiare nulla? E CHI L’HA DETTO.

Uno spettacolo si può cambiare sempre, si possono cambiare piccoli dettagli o intere scene. Se pensi che quel punto vada modificato, che in questo modo lo spettacolo sarà migliore, si può cambiare anche alla 200esima replica.

Noi lo facciamo spesso. A volte per cause di forza maggiore, tipo la crescita fisica di un attore che ci obbliga a rivedere certe scene (bella eh, l’idea di portare in scena bambini e adolescenti che crescono di 20 cm in una settimana…). Molto più spesso per scelta nostra, perché andando avanti con le repliche ci vengono in mente idee per migliorare una scena, cogliamo dettagli che prima non avevamo notato.

Uno spettacolo, per fortuna, è una materia plastica fatta di persone, azioni, parole e sguardi. Non è fatto di cemento.

 

5. IL DIRITTO DI FARE TEATRO SU QUALSIASI ARGOMENTO
  • Ma ci sono tematiche scomode che è meglio non affrontare in teatro? NO. SÌ. NI.

Nessuno te lo dirà mai apertamente ma forse sì, specie nel teatro per ragazzi ci sono argomenti considerati delicati, che possono sollevare riflessioni e obiezioni scomode.

  • Dunque è vietato parlarne? NO.

Semplicemente sappi che talvolta potresti avere delle difficoltà nel vendere lo spettacolo, che il potenziale acquirente potrebbe preferirne un altro con una tematica meno complessa, che potresti ricevere delle critiche, che qualcuno potrebbe non capire o pensare che la tua sia una provocazione gratuita.

Non ci dovrebbero essere argomenti tabù, tantomeno con i ragazzi.
Semmai ci sono modalità più o meno efficaci di metterli in scena, parole e immagini più o meno indicate per raccontarli. Ci sono valutazioni da fare a seconda del contesto di riferimento, scelte da fare, decisioni, rischi e conseguenze da valutare, correre, assumersi.

Come tantissimi altri colleghi che stimiamo, nei nostri spettacoli – e intendiamo quelli che vanno in tournée così come gli spettacoli conclusivi dei laboratori teatrali – abbiamo affrontato argomenti di tutti i tipi. E non abbiamo scelto in base a comodità/scomodità/scandalosità, semplicemente abbiamo scelto in base a ciò che noi e i nostri allievi volevamo dire.

E forse tra tutti i diritti del teatrante, questo è un diritto/dovere; quello di essere sinceri verso se stessi e verso il pubblico.

 

6. IL DIRITTO DI EMOZIONARSI

Che è uno dei diritti del teatrante ma anche di qualsiasi essere umano, per fortuna

  • Ma se faccio il teatrante di lavoro svilupperò uno sguardo freddo e distaccato nei confronti di qualsiasi spettacolo che andrò a vedere? SPERIAMO DI NO.

Sicuramente per un teatrante professionista andare a teatro non è soltanto uno svago ma anche un modo per tenersi aggiornato sul lavoro dei colleghi e confrontarsi con altri stili.

Sicuramente più vai avanti con gli anni e con l’esperienza, più quando vai a teatro fai attenzione ad aspetti che prima non notavi nemmeno: il piano luci, la struttura drammaturgica, il ritmo…

Sicuramente più sei navigato più è difficile coglierti di sorpresa: dopo un po’ inizi a prevedere cosa succederà in scena, a intuire i meccanismi.

 

Ma al di là di tutto questo, un teatrante dovrebbe mantenere intatta (o magari un po’ sdrucita ma comunque presente) la capacità di emozionarsi a teatro.

Noi speriamo di non diventare mai così cinici e disincantati da non riuscire più a provare lo stupore, la commozione di fronte a uno spettacolo ben fatto. Non ci facciamo problemi, quando siamo nel pubblico, a ridere a voce alta, ad asciugarci la lacrima, a emozionarci. Perché siamo adulti  e navigati quanto vuoi, e di spettacoli che non funzionano ce ne sono tanti, ma il teatro resta comunque una macchina meravigliosa.

 

E QUANDO SARÀ FINITA
DIRÒ DI ESSERE STATA,
PER TUTTA LA VITA,
LA SPOSA DELLO STUPORE.
Mary Oliver

 

 

7. IL DIRITTO DI FARE TEATRO OVUNQUE

Belli i diritti del teatrante eh, ma questo è probabilmente quello più fisicamente faticoso

  • Ma si può fare teatro solo in uno spazio teatrale con il palco, il sipario ecc.? ALLELUIA NO.

Il teatro esiste ben prima dell’edificio. Si può fare teatro ovunque, anzi si deve fare teatro ovunque. Molte persone hanno perso l’abitudine ad andare a teatro, molte non ne hanno la possibilità perché non hanno un teatro vicino a casa, moltissime pensano che il teatro sia una cosa noiosa e assistono ad uno spettacolo solo se gli capita per caso.

È per tutti loro che è importante fare teatro ovunque, soprattutto fuori dal teatro. Si può fare teatro in piazza o in un parco, in spiaggia o nel giardino di qualcuno, in un’aula scolastica, dentro una vecchia fabbrica, in un orto.

Sono queste occasioni, in cui porti il teatro là dove il teatro sembra non c’entrare nulla, quelle in cui incontri le persone che normalmente a teatro non ci vanno. In genere sono quelle che a fine spettacolo vengono a ringraziarti e a dirti che si sono divertiti un sacco.

  • È facile fare teatro in luoghi non teatrali? NO.

A livello tecnico è spesso un po’ complesso, perché si tratta di portare il teatro in spazi che sono stati pensati per tutt’altro. Ma ne vale la pena, quasi sempre. Alla fine, quando tutti se ne tornano a casa, alle proprie vite “normali”, quando il luogo riprende il suo aspetto “normale”, ti accorgi che né il luogo né le persone sono esattamente come erano prima. Dentro agli occhi e nell’aria c’è qualcosa di nuovo. Un silenzio diverso, pieno di echi.

 

 

8. IL DIRITTO DI SPIZZICARE DAGLI SPETTACOLI ALTRUI
  • Ma un teatrante non prende mai nessuna idea dagli spettacoli degli altri? COME NO. E BABBO NATALE ESISTE.

Quello di spizzicare è uno di quei diritti del teatrante di cui nessun teatrante parla volentieri. È un po’ come ammettere di aver rubato la marmellata, e a nessuno piace confessare di essere un ladro. Ma c’è differenza tra plagiare e lasciarsi ispirare.

Cogliere e apprezzare un dettaglio nel lavoro di un collega, rielaborarlo, inserirlo in uno spettacolo che parla di tutt’altro, con tutt’altra atmosfera, un altro stile, fa parte del processo creativo. A volte addirittura non ci si ricorda nemmeno dove la si è vista quell’idea, quel particolare (in un film? Uno spettacolo visto 8 anni fa? Un libro letto ai tempi della scuola?). Tutto è già stato detto e scritto, nell’arte. La differenza sta nel COME. Con quali combinazioni di linguaggio, musiche, stile, azioni sceniche.

L’essere umano apprende per imitazione, fin dall’infanzia. Impariamo a parlare ripetendo le parole che sentiamo intorno a noi, replichiamo i comportamenti (positivi e negativi) delle persone con cui viviamo, copiamo i modi di fare delle persone che ammiriamo.
Quando diventi adulto ne prendi consapevolezza, e se vuoi fare l’artista devi esserne doppiamente consapevole, fare attenzione a tutto ciò che vedi e ascolti, perché nulla è indifferente, ogni cosa ti segna e lascia una traccia dentro di te, anche gli spettacoli degli altri.
Ecco perché è importante vedere spettacoli e più in generale avere sempre stimoli artistici, per lasciarsi ispirare. Per nutrire il proprio spirito creativo (altra cosa è prendere una scena intera dall’inizio alla fine e spacciarla per propria. Ecco, quello è plagio).

Forse se tutti riuscissimo ad ammettere pacificamente che sì, prendiamo ispirazione ANCHE dagli spettacoli degli altri, faremmo più facilmente pace con la sindrome dell’impostore, quella che ti dice

 

“Non hai più idee valide, non ne hai mai avute, hai sempre e solo scopiazzato in giro,
non sei un vero teatrante, gli altri invece sì, Tizio e Caio loro sì che sono bravi,
non hanno bisogno di prendere spunto dagli spettacoli altrui perché loro hanno sempre nuove idee…”.

 

Siamo tutti impostori. Abbiamo tutti paura di non avere abbastanza idee originali. Tutti prendiamo ispirazione dal lavoro degli altri, e meno male; vuol dire che siamo permeabili, che siamo sensibili, che sappiamo apprezzare la bellezza del lavoro altrui, sappiamo riconoscerla quando la incontriamo.

 

9. IL DIRITTO DI NON PARLARE DEL PROPRIO LAVORO DI TEATRANTE
  • Devo sempre essere l’attrazione della serata? NO. MICA SEI UNA FOCA DEL CIRCO.

Si sa, ai teatranti piace parlare di sé, della propria attività teatrale. Ma tra i diritti del teatrante c’è anche il sacrosanto diritto al pudore e al riserbo, al non essere sempre il fenomeno da esposizione della serata “tu-sei-quello-che-fa-un-lavoro-strano-adesso-raccontaci-come-fai-a-campare”.

Se sei un teatrante, hai diritto a cambiare argomento se ti stanno chiedendo di spiegare come funziona il mondo del teatro e non hai voglia di raccontarlo. Hai diritto al silenzio sul nuovo spettacolo al quale stai lavorando, specie se è un momento difficile in cui ti sei incagliato/le prove vanno male/nessun teatro ti considera o semplicemente non ti va di parlarne.

Se non sei un teatrante, ricorda che anche i teatranti sono esseri umani e che gli può far piacere parlare di qualcos’altro che non sia il proprio lavoro, per quanto bello e affascinante possa sembrare da fuori.

 

10. IL DIRITTO DI FARE QUALCOSA CHE NON SIA TEATRO
  • Ma se faccio teatro di lavoro devo averlo in testa 24 ore al giorni? NO. NO. NO. NO.

No, esiste il teatro ed esiste anche la vita. C’è e ci deve essere il tempo libero per se stessi, per il proprio privato. Ci possono essere altri interessi, altre passioni anche molto forti, anche completamente diverse dal teatro. Ci possono essere periodi anche lunghi, di settimane, mesi, anni, in cui non si fa teatro, si fa altro, si decide di prendersi una pausa.

  • Si può vivere senza teatro? SÌ.
  • Si può fare teatro senza vivere? PROBABILMENTE NO,
    o forse sì e sarà un teatro noioso, vuoto.
    PRIMA VIVI.
    POI FAI TEATRO.

 


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